QUESITO: Un operatore ci scrive:
La mia Ditta importa profilattici in lattice dalla Malesia, principale produttore mondiale di lattice e prodotti in lattice. I profilattici sono classificati dalla Normativa Europea EN ISO 4074 : 2015 quale Dispositivo Medico di Categoria II/b. Pertanto, per poter essere commercializzati in Europa il prodotto deve essere certificato da Notified Body. L’indicazione della “Officina di Produzione“ sulla confezione per il consumatore è obbligatoria secondo le norma EN ISO 4074 : 2015. Peraltro, alcuni importatori omettono di riportare sulle confezioni l’indicazione della “Officina di Produzione. Di fatto, viene nascosta l’effettiva provenienza del prodotto.In più, talora queste ditte reclamizzano il loro prodotto come fabbricato in Italia, anche se così non è. È da notare che non solo in Italia ma neppure in Europa esistono fabbriche di profilattici! Sulla questione, vorrei un parere da un esperto.
L’ESPERTO RISPONDE: A cura di Mauro Crosato, Avvocato amministrativista esperto in sanità
Viene chiesto se sulle confezioni di profilattici sia obbligatorio riportare l’indicativo dell’officina di produzione, ovvero il luogo di effettiva realizzazione dei dispositivi medici, come richiesto dalla norma EN ISO 4074: 2015.
Per prima cosa, è necessario precisare che i profilattici sono considerati dispositivi medici, come disposto dall’art. 2, n. 1 del Regolamento (UE) 2017/745, che considera tali i “dispositivi per il controllo del concepimento o il supporto al concepimento”. In base all’allegato VIII, regola 15, del Regolamento, rientrano nella classe IIB.
Come dispositivi che ai fini della marcatura CE di conformità richiedono l’intervento di un Organismo Notificato, ad oggi possono essere immessi in commercio anche se tuttora conformi alle disposizioni contenute nella Direttiva (CEE) 1993/42, recepita in Italia con il d.lgs 46/1997 (art. 120 del Regolamento).
Né il Regolamento (allegato I, n.23), né il Decreto di recepimento della Direttiva (allegato 1, n. 13) impongono di indicare nell’etichetta l’officina di produzione. Ciò è coerente con le responsabilità attribuite al Fabbricante, la cui indicazione precisa (assieme al Mandatario, se Fabbricante extraeuropeo) è obbligatoria.
In base alla Raccomandazione della Commissione (UE) del 24 settembre 2013, infatti, la garanzia di conformità del dispositivo medico, realizzato da un soggetto terzo (fornitore critico, secondo la definizione della Raccomandazione) deve essere data dal Fabbricante, che è l’unico soggetto che risponde direttamente nei confronti degli utilizzatori.
Mentre le norme sui dispositivi medici sopra indicate sono cogenti, le norme tecniche internazionali, come la norma EN ISO 4074: 2015 sono norme volontarie, che un Fabbricante può decidere se adottare o meno.
Tuttavia, la norma EN ISO 4074 (sia pur nella versione 2002: non è stato adottato un atto di armonizzazione sulla versione 2015) è una norma armonizzata ai sensi della Direttiva (CEE) 1993/42 sui dispositivi medici (come disposto dalla Decisione della Commissione – da ultimo – del 14 aprile 2021). Pertanto, il rispetto di tale normativa offre ai dispositivi immessi sul mercato, tuttora, grazie al periodo transitorio garantito dall’art. 120 del Regolamento, la presunzione di conformità ai requisiti di sicurezza richiesti dalla Direttiva.
Non avendo potuto consultare il testo della norma, mi affido all’informazione fornita sull’obbligatorietà dell’indicazione, in etichetta, dell’officina di produzione: si tratta, pertanto di elemento che il Fabbricante, che opera in base alla norma volontaria EN ISO 4074: 2015 deve riportare in etichetta, pena il mancato rispetto della disciplina tecnica.
Pertanto, in relazione all’obbligatorietà dell’indicazione in etichetta dell’officina di produzione, possiamo dire che:
- Non è obbligatoria per i dispositivi immessi sul mercato in base al Regolamento (UE) 2017/745;
- Per i dispositivi tuttora immessi sul mercato in base alla Direttiva (CEE) 1993/42 è obbligatoria solo se imposta dalla norma armonizzata (EN ISO 4074: 2002) applicata dal Fabbricante al fine di ottenere la presunzione di conformità prevista dall’art. 6 del d.lgs 46/1997;
In relazione alle erronee indicazioni fornite in etichetta, è oggi in vigore il comma 49bis dell’art. 4 della l. 350/2003 (legge finanziaria 2004), introdotto dall’art. 16 del d.l. 135/2009, che così recita: “Costituisce fallace indicazione l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000”.
Il successivo comma 49ter dispone che “E’ sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49-bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell’illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore”.
In ogni caso, in presenza di violazioni della norma armonizzata, utilizzata dal Fabbricante per ottenere la presunzione di conformità alle norme sui dispositivi medici, l’Organismo Notificato incaricato dovrebbe imporre la corretta applicazione delle norme tecniche e, in caso di mancanza, sospendere le certificazioni emesse.